A cura di Francesco Paolella.
La sinagoga non rappresenta soltanto un luogo di preghiera, ma anche di riunione e di studio. Tradizionalmente, si tratta di edifici austeri: soltanto dopo la definitiva emancipazione degli ebrei, le comunità, come quella reggiana, commissionarono a importanti architetti rifacimenti o ristrutturazione che ne aumentassero la visibilità e la monumentalità.
Dato che era rigorosamente proibita la raffigurazione di sembianze umane, gli ornamenti e le decorazioni delle sinagoghe dovevano limitarsi a motivi floreali, geometrici e simbolici.
La sinagoga grande di via dell’Aquila, edificata nel 1672, iniziò a ricevere i primi abbellimenti soltanto a metà del Settecento. La comunità commissionò, infatti, nel 1755 ad artigiani e artisti affermati (intagliatori, marmisti ecc.) la costruzione dell’aron-ha-qodes, l’armadio sacro, il punto focale della sinagoga. Dentro l’aron, dovevano essere conservati i rotoli della Legge. L’aron doveva essere orientato verso est, in direzione di Gerusalemme.
Anche in questo caso, gli arredi della sinagoga riprendevano quelli coevi delle sacrestie e degli altari delle chiese. Anche per questo si volle dare all’aron un effetto scenografico di monumentalità e di ricchezza, tanto più forte se si pensa che per il resto la sinagoga rimase sempre piuttosto disadorna.
A metà dell’Ottocento, la comunità incaricò l’architetto Pietro Marchelli di ristrutturare radicalmente l’edificio, allora ridotto in condizioni assai precarie. L’inaugurazione avvenne il 15 Gennaio 1858. Anche l’aron venne completamente ristrutturato: vennero aggiunti nuovi arredi per la zona absidale, come lampade in argento (nerot tamid). Davanti all’aron fu posto un tavolo (tevah) dove l’officiante recitava le preghiere. Ai lati della tevah, c’erano due coppie di maestosi candelabri a bracci. Molti di questi oggetti, avevano incisi stemmi o emblemi delle famiglie che li avevano donati.
Oggi, tutti questi oggetti non sono più a Reggio Emilia, poiché una parte importante finì nei beni delle famiglie, mentre un’altra è conservata in diversi musei: ad esempio, una cassetta per le elemosine, del 1830, si trova presso l’Israel Museon di Gerusalemme.
Nel 1958, ormai finita la comunità reggiana, Umberto Nahon, durante una visita trovò la sinagoga e i suoi arredi ridotti in stato di completo abbandono. Nahon propose alla comunità di Modena di salvare gli arredi rimasti (come i banchi e lo stesso l’aron) trasferendoli in tempo in Israele, ad Haifa, dove si trovano tuttora.