A cura di Alberto Ferraboschi
Con l’arrivo delle armate napoleoniche, il 18 Ottobre 1796, a Reggio Emilia (in anticipo rispetto a Modena), furono abbattuti i portoni del ghetto, aprendo la stagione della prima emancipazione ebraica. Il governo estense era caduto a Reggio, nell’Agosto del 1796, e il nuovo governo provvisorio riconobbe ufficiosamente la libertà civile agli ebrei, sancita ufficialmente dalla Costituzione cispadana che riconosceva anche i diritti politici. A Reggio Emilia, così come a Correggio e a Scandiano, gli ebrei ebbero così la possibilità di fare il loro ingresso nella vita pubblica, dedicandosi alle professioni liberali, ai pubblici impieghi e al commercio. Al Sinedrio degli ebrei convocato da Napoleone a Parigi, nel 1806, partecipò anche il rabbino reggiano Jacob Israel Carmi.
In base alla legislazione napoleonica, nel 1808, fu istituito un nuovo cimitero nei borghi di San Pellegrino (oggi in via della Canalina); anche a Correggio tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento venne costruito un nuovo cimitero suburbano.
La prima emancipazione si rivelò però una breve parentesi, in quanto con l’insediamento del regime austro-estense, nel 1814, gli ebrei reggiani furono nuovamente soggetti alle antiche discriminazioni, compreso l’obbligo di risiedere nel ghetto (anche se i portoni del ghetto di Reggio non furono ripristinati).
Negli anni della Restaurazione, una parte consistente delle comunità ebraiche era ancora dedita alle tradizionali attività commerciali e finanziarie. Alcuni imprenditori ebrei fondarono attività tessili, manifatturiere ed artigianali raggiungendo una notevole prosperità economica. L’espansione economica favorì la costruzione di nuovi edifici di culto; nel 1819 gli ebrei correggesi commissionarono al noto architetto reggiano Domenico Marchelli la progettazione di una nuova sinagoga, mentre il 15 Gennaio 1858, a Reggio fu inaugurata la riedificazione della sinagoga cittadina di via dell’Aquila.
L’attivismo economico si accompagnò ad un impegno nelle vicende risorgimentali, con la partecipazione sia alla fase cospirativa che insurrezionale. Gli ebrei reggiani infatti appoggiarono i moti del 1831 e del 1848, quando il governo provvisorio pareggiò gli ebrei agli altri cittadini durante la breve stagione della seconda emancipazione. Diversi, dunque, furono gli ebrei che parteciparono alle cospirazioni e poi direttamente alle guerre risorgimentali: ai moti del 1831 parteciparono i reggiani Marco Almansi, Abramo e Giacobbe Levi, i novellaresi Guglielmo e Giuseppe Segrè e l’avvocato scandianese Felice Resignani; furono poi oltre trenta gli ebrei reggiani che si arruolarono nel 1848 e nel 1859 come volontari nell’esercito piemontese tra cui Alberto Cantoni, caduto nella battaglia di S. Martino ed insignito della medaglia d’argento al valor militare; diversi furono anche gli israeliti reggiani che combatterono come volontari garibaldini, tra cui Eugenio Ravà, una delle sei “camice rosse” reggiane della spedizione dei mille.
Bibliografia essenziale:
A. Balletti, Gli ebrei e gli estensi, Reggio Emilia, Arnoldo Forni, 1930;
G. Badini (a cura di), Il ghetto ebraico nella memoria dei documenti, Felina (RE), La Nuova Tipolito, 1998;
A. Ferraboschi, L’eredità del ghetto. Gli ebrei a Reggio Emilia nell’Ottocento, in “L’Almanacco”, n. 50, 2007, pp. 7-47;
L. Padoa, Le comunità ebraiche di Scandiano e di Reggio Emilia, Firenze, La Giuntina, 1993.