A cura di Giulia Cocconi e Alessandra Fontanesi.
In seguito all’emanazione, nel 1804, dell’Editto di Saint Cloud da parte di Napoleone “…nessuna inumazione avrà luogo nelle chiese, sinagoghe, ospedali… nè entro la conta di città e borghi…”, anche la comunità ebraica di Reggio, sotto influenza napoleonica in quanto parte della Repubblica italiana, deve spostare il cimitero fino a quel momento adiacente al ghetto nell’attuale via San Rocco e presente sin dal XV secolo.
Nel 1808, con la sepoltura di Beniamino Foà nasce il Cimitero degli ebrei extra moenia, circondato da mura (il cosiddetto primo recinto), in cui vengono trasferiti i defunti e le lapidi dal luogo precedente, (come ricorda una di queste posta sul lato ovest del muro divisorio: “A perenne ricordo che qui vennero restituiti alla terra pietosamente le ossa esumate dall’antico cimitero di via Tiratora. MCMXX”), e in cui si procede alle nuove inumazioni. Sul muro di cinta è posta una targa che indica il luogo dove sono sepolti “coloro che distrussero sé stessi coscienziosamente”.
Il primo recinto non è suddiviso in zone, ma è un campo comune, con le lapidi disposte senza particolare ordine.
Nel 1853, il cimitero viene ampliato con una addizione ad est, verso la riva del torrente Crostolo, creando così due recinti separati: il secondo è articolato in campi con piccole edicole e sepolcri familiari che riportano elementi della tradizione ebraica e influenze della tradizione sepolcrale cittadina, dimostrazione del profondo radicamento della comunità nel contesto sociale.
Al centro del muro di cinta est sorge la cappella mortuaria con una facciata in stile neoclassico sul cui frontone triangolare compaiono le quattro lettere ebraiche “he”, iniziali del versetto del Kohelet “vanità delle vanità, tutto è vanità”: è probabile che essa sia opera dell’architetto Pietro Marchelli che progetterà anche il Tempio maggiore di via dell’Aquila, inaugurato nel 1858.
Le lapidi più antiche in rispetto ai precetti ebraici non recano mai l’immagine dei defunti, tuttavia gli ebrei italiani hanno abbandonato questo divieto: nel settore nuovo del cimitero infatti molte lapidi datate tra il XIX e il XX secolo presentano un ritratto del defunto sia sotto forma di scultura che di fotografia.
Sulle lapidi di epoca precedente ritroviamo una simbologia legata alle antiche tradizioni religiose o riferita al nome o al ruolo del defunto nella Comunità; la stella di David inizia ad apparire con frequenza dopo la Seconda guerra mondiale.
All’interno del cimitero si trovano le tombe di varie personalità del mondo religioso e civile della città: il Rabbino maggiore di Reggio nel XIX secolo Iacob Israel Carmi, il Senatore del Regno d’Italia Ulderico Levi, il professor Lazzaro Padoa, l’avvocato Franco Tedeschi, per citarne solo alcuni.
Sono inoltre presenti alcuni cenotafi di ebrei vittime della Shoah.
Oggi il cimitero ebraico di via della Canalina, essendo venuta meno la Comunità reggiana, viene utilizzato raramente per qualche sporadica sepoltura ed è visitabile solo in occasione della Giornata della Cultura Ebraica nel mese di Settembre, oppure su appuntamento per le scuole che ne facciano richiesta ad Istoreco.
Bibliografia
Archivio di Stato di Re, Archivio Bassani, carteggi vari;
L. Padoa, Notizie sul cimitero israelitico fuori città di Reggio Emilia, in Le comunità ebraiche di Scandiano e Reggio Emilia, Giuntina, 1993;
L. Padoa, La comunità ebraica di Reggio Emilia, Comune di Reggio Emilia, 1986;
Il Cimitero Suburbano e il Cimitero Ebraico di Reggio Emilia, guida storico-artistica, Silvana Editoriale, 2000.