A cura di Antonio Zambonelli.
Uno dei primi provvedimenti antisemiti fu il Regio Decreto Legge del 5 Settembre 1938, n. 1390, che stabiliva l’esclusione dalle scuole pubbliche di ogni ordine e grado, non solo degli insegnanti, ma anche degli alunni e degli studenti ebrei.
Dalle scuole reggiane furono espulsi, in quanto ebrei, la prof.ssa Anita Jona, preside del Liceo classico; la prof.ssa Sandra Basilea, insegnante al Ginnasio, e il prof. Ferruccio Pardo, preside dell’Istituto magistrale.
Tra gli studenti che subirono le conseguenze delle leggi razziali ricordiamo Giorgio Melli, figlio di Benedetto Melli, commerciante di biancheria espulso dal Direttorio del sindacato di categoria. Vista l’impossibilità di iscriversi all’Università, Giorgio si trasferì in Svizzera, a Losanna, dove riuscì a ottenere la laurea in ingegneria chimica. Lì, i genitori lo avrebbero dovuto raggiungere dopo l’8 Settembre 1943, ma furono catturati e condotti allo sterminio.
Il Decreto legge 17 Novembre 1938 n. 1728, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale ,del 19 Novembre 1938, e recante il titolo “Provvedimenti per la difesa della razza italiana”, con i suoi 29 articoli stabiliva in sostanza la proibizione dei matrimoni di cittadini italiani di “razza ariana” con persone appartenenti “ad altra razza”; determinava chi fossero gli appartenenti alla “razza ebraica” ed enunciava una serie di divieti o di limitazioni in ordine alla possibilità di esercitare i diritti derivanti dalla qualità di cittadino italiano, ivi compreso quello di possedere beni immobili, imprese ecc.
Per esempio dalle Poste reggiane venne licenziato il rag. Dante Padoa. La figlia, Vera, fornì in seguito questa testimonianza: “La prima vera tragedia fu il licenziamento di mio padre, dalla sera alla mattina, dal suo impiego di direttore della ragioneria delle Poste di Reggio. Per lui fu un colpo terribile; dopo di allora non è più stato lo stesso uomo. Oltretutto fu un dramma anche economicamente”. I Padoa vennero anche sfrattati dall’appartamento delle case dei postelegrafonici, in via Cagni, al numero 4.
Venne licenziata anche Ilma Rietti, che era impiegata alla TIMO (poi SIP) come telefonista. Il suo era l’unico stipendio fisso per la famiglia, composta anche dalla sorella Iole e dalla mamma Beatrice Ravà, vedova, che contribuiva al reddito familiare affittando una stanza dell’appartamento in cui vivevano, in via Monzermone numero 6. Le tre donne finirono, nel Febbraio del 1944, in un forno crematorio ad Auschwitz.
La pressoché totale assimilazione degli ebrei reggiani nella società del tempo, fino ad essere alcuni di loro anche parte della classe dirigente, rese più drammatiche e sconvolgenti, nel vissuto personale e familiare di ciascuno dei colpiti, le conseguenze delle leggi razziali.
Persone appartenenti a famiglie che da quasi un secolo godevano di uno status sociale di tutto rispetto, si videro dall’oggi all’indomani gettate nella condizione di non italiani, di non uomini, privati di ogni diritto, perfino di quello di non essere oltraggiati impunemente, in pubblico, come fu il caso, tragico per le conseguenze che ebbe, del cav. Carlo Segré, di Novellara, suicidatosi il 6 Giugno 1939.
La macchina burocratica continuò imperterrita, fino al Luglio 1943, a produrre numerosi circolari e decreti, regolarmente trasmessi dalla Prefettura ai Comuni della provincia.
Il 28 Gennaio 1939, il prefetto D’Andrea segnalava che non potevano essere concessi prestiti matrimoniali a coppie appartenenti alla “razza” ebraica. Il 13 Settembre 1940, il questore di Reggio Roberti diramava la norma secondo la quale “appartenenti razza ebraica non possono essere addetti quali impiegati uffici propaganda aziende alberghiere qualsiasi specie”. Ancora il questore, in data 9 Aprile 1941, comunicava che “ad appartenenti razza ebraica deve essere vietato commercio libri usati”.
Venne vietata ogni attività nel settore dello spettacolo, il soggiorno in località marine, la professione di giornalista, il possesso di apparecchi radio e fu ordinato alle biblioteche di escludere opere di autori ebrei ecc. ecc.
Il prefetto Tassoni, il 30 Giugno 1941, trasmetteva la disposizione di eliminare dagli elenchi telefonici i “nominativi degli appartenenti alla razza ebraica”.