A cura di Antonio Zambonelli.
Enrico Guastalla nacque nella cittadina omonima, Guastalla appunto, il 22 Novembre 1826, primo di sette fratelli, in una casa di Via della Cerchia: la strada del ghetto ebraico istituito ai tempi della signoria gonzaghesca.
Nato in una famiglia ebraica, otto giorni dopo la nascita fu circonciso nella locale sinagoga, ed affidato all’Onnipotente coi nomi di Michele Isacco Benedetto (Micha’el Ytzhak Barukh). Nomi che anni dopo saranno sostituiti da quello di Enrico.
All’età di sette anni cominciò a frequentare la scuola ebraica annessa alla sinagoga. Il ragazzo, ben presto, si mostrò abile nella redazione di lettere e petizioni per conto di chi richiedesse i suoi servigi: e non erano pochi, dato che all’epoca l’analfabetismo era un fenomeno di massa. In sostanza, Michele si affiancò al padre nel mestiere di scrivano. A soli 14 anni, nel 1840, scrisse di sua iniziativa una lettera alle autorità ducali per rivendicare il diritto, anche per gli ebrei, a frequentare le scuole di stato. Il gesto procurò qualche noia al padre, che ricevette un severo ammonimento perché sospettato di essere il suggeritore del documento.
Nel 1843, si trasferì a Mantova, trovando occupazione come commesso di banco presso un commerciante suo correligionario. Di fronte all’offesa recata al suo datore di lavoro da un cliente che lo aveva definito “ebreo usuraio”, Michele reagì con una lettera intrisa di richiami ai principi di uguaglianza fra gli uomini, indipendentemente dalla religione professata. Il testo venne conosciuto pubblicamente ed apprezzato da quanti, soprattutto nell’ambiente studentesco, erano sensibili ai principi liberali. Ed ecco nascere nuove amicizie, attraverso le quali Michele ebbe occasione di leggeri libri in odore di sovversivismo. Ecco, ancora, i contatti con i circoli carbonari mantovani.
Nel 1848, mentre già divampava la prima guerra d’Indipendenza, Michele fuggì da Mantova e raggiunse la Legione Carlo Alberto dei Bersaglieri mantovani. Partecipò alle battaglie di Governolo, Montanara e Valeggio sul Mincio. Furono anche giornate nel corso delle quali entra in relazione con personaggi come Nino Bixio e Goffredo Mameli. Folgorante pare essere stata per lui la consuetudine, già dai primi tempi del trasferimento a Mantova, con don Enrico Tazzoli, il prete mazziniano che finirà giustiziato a Belfiore. L’ammirazione per quella figura di patriota e di martire lo indurrà ad assumerne il nome.
Dopo un ricovero in ospedale, a Vercelli, Enrico si trasferì a Torino, dove collaborò con “La Gazzetta del Popolo”. Nel frattempo, sconfitti i Piemontesi a Custoza, e ripristinato il dominio austriaco in Lombardia, Guastalla fu annessa al ducato estense di Modena e Reggio. Enrico faceva ora parte della schiera di patrioti esuli. Nel 1849, divenne prima caporale in un reparto militare al servizio del governo rivoluzionario toscano, poi alla difesa della Repubblica romana, dove ottenne la nomina a ufficiale onorario.
Ancora esule tra Genova, Torino e Ginevra, nel 1854, approdò in Sardegna, trovando occasioni di lavoro ed avendo la ventura, nel 1856, di incontrare Garibaldi. Nel 1858, era a Londra, in contatto con Mazzini. Durante la seconda guerra d’Indipendenza, rientrò in Italia e fu nominato sottotenente, assumendo poi il ruolo di comandante di compagnia. Nell’Agosto 1859, a guerra vinta, giunse a Guastalla a fianco di Garibaldi. Dall’Ottobre 1859 al Marzo 1860, mise tutto il suo impegno quale segretario del comitato che prepara la spedizione dei Mille. Egli stesso ne prese parte col ruolo di capo di stato maggiore. Partecipò a combattimenti in Sicilia, poi anche nel continente, fino al Volturno, dove rimase ferito. Venne promosso tenente colonnello.
Con la nascita del regno d’Italia, Enrico, stabilitosi a Milano, lavorò per le Ferrovie e contemporaneamente compì diverse missioni per conto di Garibaldi.
Nel 1865, venne eletto deputato nel collegio di Varese. L’anno successivo era a fianco di Garibaldi nella guerra sulle Alpi trentine.
Nel 1867, era ancora con Garibaldi nel fallito tentativo di prendere Roma.
Nel 1873, nel 1874 e poi nel 1892 venne candidato per il collegio di Guastalla, ma fu sempre sconfitto. Si dedicò a scrivere le biografie degli antichi compagni d’armi man mano che questi scomparivano.
Fin presso la morte avrà diversi e importante incarichi: primo presidente del Museo del Risorgimento di Milano, vice-presidente della Società generale degli operai e consigliere della Società geografica. Morì a Milano, il 28 Settembre 1903.