Gli ebrei reggiani dal 1413 al 1669

A cura di Gabriele Fabbrici

 

Nel 1413, quattro anni dopo che Nicolò III d’Este si era insignorito a Reggio Emilia, Muso del fu Luguzo si stabilì in città per aprirvi, con il consenso della Comunità e dello stesso marchese Nicolò III, il primo banco di prestito su pegno. Dopo la città, nel volgere di mezzo secolo numerose altre località videro aprire banchi feneratizi ebraici: Luzzara (1434), Correggio (1436), Rubiera (1445), Castellarano (verso il 1450), Castelnuovo Sotto (1455), Montecchio (1456), Guastalla (1457), Brescello (1459), Novellara (1468), Rossena (1470) e Scandiano (1478). La diffusione degli insediamenti rispondeva alla logica di posizionarsi dove c’erano le maggiori opportunità di commerci e le più favorevoli condizioni politico-sociali per una tranquilla residenza.

Tra Cinquecento e Seicento nuovi insediamenti si aggiunsero: Fabbrico, Rolo, Poviglio, Reggiolo e Gualtieri, definendo la maglia degli insediamenti ebraici nel territorio.

Nella seconda metà del Cinquecento, la promulgazione della bolla Cum nimis absurdum con la quale papa Paolo IV nel 1555 istituiva il ghetto e, a seguire, la rigida politica antiebraica di papa Pio V, non interruppero il flusso immigratorio che portò nel reggiano decine di famiglie ebraiche, tanto in città quanto nel forese. Un marcato inasprimento nei confronti dei mercanti e banchieri ebrei  si registrò con la Grida Sopra gli Hebrei che il duca Cesare d’Este promulgò nel 1628, adottando alcune delle misure discriminatorie che erano già in vigore negli Stati Pontifici e in molti altri Stati cristiani. Di fatto essa spalancò le porte all’istituzione del ghetto, che a Reggio Emilia aprì nel 1671, preceduto da quello della gonzaghesca Guastalla nel 1657.

Le più difficili condizioni di vita non avevano però impedito che nel 1652 a Reggio, come a Modena, si registrasse un consistente afflusso di ebrei appartenenti alla Nation Portughesa, provenienti da Hannover, che sarebbero rimasti in città circa un ventennio.

Il mutare dei tempi, le condizioni socio-economiche via via più degradate decretarono il progressivo ridimensionamento delle comunità e dei nuclei meno strutturati e forti. Fin dalla prima metà del Seicento, si assiste all’abbandono delle località minori in favore di un concentramento nei borghi che offrivano loro più ampie possibilità se non di crescita quanto meno di sopravvivenza (Brescello, Guastalla, Correggio, Novellara e Scandiano).

L’apertura della “Casa de’ Catecumeni” a Reggio, è sintomatico del mutato clima dei rapporti sociali e religiosi, come pure l’aumento delle conversioni forzate, seppure rimaste entro limiti assai circoscritti.